Tornando da Cuba di Kiko Corradini
Nel 1972 la Nazionale Italiana partecipò al mondiale a Cuba.
La squadra era formata dai talenti tutti italiani di quel tempo e c’erano i due terza base più forti del momento: Toro Rinaldi e Paco Dall’Ospedale (padre del nostro grande seconda base).
E’ inutile che vi dica che la strepitosa simpatia e l’esuberanza di entrambi, amalgamata ad una sincera e profonda amicizia, facevano della coppia uno dei punti di riferimento di tutta la squadra durante i pochi momenti di riposo, per cui si assisteva a formidabili sfottò tra i due, che non perdevano occasione di ricordarsi reciprocamente errori difensivi o magre figure fatte durante gli scontri diretti in campionato. Ora che ci penso, capita anche a me di rammentare a Paco la sua impossibilità di battere quando gli lanciavo contro, ma lui insiste con il ricordarmi le tremende legnate che mi tirava quando batteva contro di me; non sono in grado ormai di affermare quale sia la verità, però secondo me lui non riusciva a battere il mio lancio in “sidearm” che gli arrivava interno, ed io gliene tiravo dei pacchi!!!
Ma torniamo alla trasferta di Cuba. L’ultima serata cubana, a campionato finito, ci trovammo a passare la notte tutti assieme da Toro che, guarda caso, divideva la camera con Paco; in quelle occasioni di celebrazione per la fine delle tremende fatiche alle quali venivamo sottoposti, ci si concedevano libertà alcoliche che normalmente ci erano precluse e ci si avventurava anche in miscugli di liquori che definire inusuali sembra poca cosa. Se poi aggiungiamo che a Cuba oltre al rum e ai lime c’erano anche dei saporitissimi e indimenticati sigari, il quadro che ne può uscire è del tutto preoccupante, soprattutto per chi, come Toro e Paco, non era abituato a carichi alcolici e a sapori decisi come quelli dei sigari.
Mi rammento, prima di cedere anch'io ai fumi dell’alcol e al sonno, un’immagine di Toro che si era addormentato (o forse era svenuto) con un “puro” acceso in bocca e di Paco che riposava sfinito con la testa sulla ciambella della tazza del bagno dopo aver reso alle fogne dell’Avana anche la prima comunione.
Il giorno dopo con le occhiaie che arrivavano alla bocca, con scurissimi occhiali da sole e con il terrore che a qualcuno cadesse uno spillo perché il rumore avrebbe avuto un impatto devastante nelle nostre teste, ci imbarcammo per tornare in Europa.
Il viaggio prevedeva uno scalo a Praga con il pernottamento in un lussuoso hotel del regime di allora.
Arrivati a Praga ci vennero ritirati i passaporti e ci furono consegnati dei “pass” che avremmo dovuto riconsegnare alla partenza per riavere il passaporto.
Paco, che non aveva ancora recuperato la “scimmia” della notte precedente, una volta arrivati in hotel aveva fatto capire che sarebbe andato subito a dormire, mentre Toro, che sembrava aver recuperato le forze, insistette per andare a fare un giro per la Praga by night.
Vi faccio notare che arrivavamo dal caldo umido cubano ad un freddo dicembre praghese.
Vuoi per il tepore dell’hotel, vuoi per merito di un discreto pasto caldo, vuoi per effetto di una doccia bollente, tutti, compreso Paco, ci sentimmo rinfrancati, per cui si decise di accompagnare Toro nel giro praghese.
Finimmo in un paio di cantine dove si suonava un ottimo jazz, ma ci facemmo anche ammaliare da alcune bottiglie di autoctona vodka gelata che, aggiunta ai fumi dei miscugli della sera prima, ci precipitarono nel più profondo pozzo del rincoglionimento alcolico; in quest’occasione le uniche parole che ricordo di tutta la serata sono di Toro che dice a Paco: “ ...non ti preoccupare per i pass, perché io sto meglio di te e quindi se li tengo io sono in buone mani, perché di queste cose ho esperienza…”
Il giorno dopo, in aeroporto, se non fosse stato per le ottime conoscenze del Segretario Federale Massimo Ceccotti, avremmo dovuto abbandonare Toro e Paco a Praga perché non erano stati in grado di riconsegnare i pass per riavere il passaporto.